Attualità

INVIATO CITTADINO Piazza Matteotti, 25. C’era una volta, e c’è ancora, il Bar Oscar

Compie ben 67 anni che attraversano quattro generazioni

Le titolari - Foto Sandro Allegrini

Piazza Matteotti, 25. C’era una volta, e c’è ancora, il Bar Oscar. Compie ben 67 anni che attraversano quattro generazioni. Lo documenta inoppugnabilmente la concessione della licenza, effettuata (come un tempo si usava) dal “signor Questore”. E l’anno di apertura di attività sta scritto a lettere di neon (“dal 1956”) nella rosta sopraporta.

Il fondatore fu Oscar Fornello, da cui l’esercizio derivò il nome. A Oscar succedette il figlio Giovanni con la moglie Rosa Gosta.

Dalla coppia vennero le due figlie, Mirella e Cristina, ancora al timone della storica azienda. La quarta generazione è rappresentata da Erica Malandra, figlia di Mirella.

Il bar ha naturalmente cambiato fisionomia nel corso dei decenni. Si pensi che ai due piani attuali (livello piazza e superiore) si sommava un tempo un ambiente gelateria al sottostrada. Giovanni Fornello vi gestiva una gelateria, aperta durante la stagione estiva.

“Poi – racconta Mirella – il vano è stato restituito al Comune”.

Adesso che ne è?

“È entrato a far parte degli ambienti attualmente occupati dalla Biblioteca degli Arconi”.

E aggiunge: “Con quella licenza, papà aprì un secondo locale in un’altra parte della città”.

Il Bar Oscar è da sempre conosciuto come “il bar del tribunale”. Davanti a quel bancone sono sfilati storia e storie. Cittadine e non solo. Se quel manufatto potesse parlare, racconterebbe momenti di gioia e di dolore, di assoluzioni e di condanne, subite e accettate da una varia umanità, fatta di colpevoli riconosciuti e asseriti innocenti, di avvocati e clienti, di usceri e magistrati. Ieri come oggi.

D’altronde quello, il Palazzo di Giustizia, è conosciuto come il Palazzo del Bargello, o del Capitano del Popolo. Anche se i perugini lo chiamano semplicemente “tribunale”.

Il tempo passa, i tempi cambiano. “Ma non il nostro caffè”, dice Cristina. Che porta come un fiore all’occhiello l’apprezzamento unanime per il suo prodotto. Che viene dal sud America ma che, in quella tazzina, odora di peruginità. Di un nostalgico “come eravamo”. Che continua a testimoniare un deciso “come siamo”. E come vogliamo continuare ad essere.


Si parla di