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INVIATO CITTADINO Mangiare uva e lenticchie per fare soldi, le radici di credenze della tradizione

Mangiare alimenti per… far soldi. Uva e lenticchie come auspicio di benessere e abbondanza. Radici di credenze della tradizione perugina e nazionale

Mangiare alimenti per… far soldi. Uva e lenticchie come auspicio di benessere e abbondanza. Radici di credenze della tradizione perugina e nazionale.

Sulle tavole perugine abbondavano alimenti portafortuna.

In particolare, un sicuro auspicio di ricchezza era legato al consumo delle lenticchie (oggi abbinato allo zampone, un tempo non usato). La spiegazione è presto data. Considerando la dimensione, per riempire un piatto di lenticchie ne occorreva un numero notevole. Da qui il riferimento allegorico a un borsellino colmo di moneta o a un portafogli gonfio di “farfalle”, come un tempo si chiamavano le “carte da mille”.

Non c’è riferimento all’episodio biblico (vendita della primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie) poiché, in quel contesto, il significato sta per “cosa di nessun valore/scelta dissennata”. Mentre qui è auspicio di abbondanza e fortuna.

Le lenticchie erano facilmente reperibili, in quanto spesso autoprodotte, e si accompagnavano a carne suina, principalmente salsicce. Le si consumava insieme al pane abbrustolito.

Era in uso anche l’IMBRECCIATA, realizzata con vari legumi, come ceci, fagioli, cicerchie (e, raramente, mais). Il termine deriva dalla BRECCIA, ossia dal breccino con cui si coprivano le strade bianche per evitare/ridurre la polvere e scongiurare la formazione di buche melmose. In questo caso, i legumi erano vari e numerosi, come i soldi che ci si augurava di contare.

Altro simbolo di benessere è quello dell’uva. Preciso che non si andava a comperarla, ma si consumava quella appesa alle travi della cucina e talvolta utilizzata anche per preparare vin santo, un passito che veniva impiegato pure nella consacrazione liturgica.

Quest’uva aveva qualche acino marcito, aggredito dai moscerini, rinsecchito dal calore e impregnato del fumo del camino. Tutt’altro che una prelibatezza. Ma consumarla equivaleva anche ad esaltare la previdenza e il risparmio, dato che quei grappoli restavano appesi per non meno di quattro mesi.

Infine il dolce tipico portafortuna era il torciglione, specialità del Lago Trasimeno. Di cui evocava l’anguilla abitatrice del fondo.

Il simbolo del serpente è comune a molti popoli per indicare il volversi degli anni e delle stagioni. Il serpente muta pelle e si rinnova, così come il tempo. Inoltre il mordersi la coda offre l’idea del ritorno nella continuità, la spirale.  Sul piano religioso, evoca il serpente dell’Apocalisse, da sconfiggere mangiandolo. Ma si richiama anche alla tradizione pagana e perfino al mondo etrusco. Nel segno della continuità di civiltà, culture, generazioni.


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