Cronaca

Coronavirus, i dati Iss sui vaccini: "Con ciclo completo -96% di rischio di morte e terapia intensiva"

Pubblicato all’ultimo report esteso sull'andamento dell’epidemia di Covid-19 in Italia, aggiornato all’8 settembre: "Forte la protezione garantita dalla vaccinazione"

La riduzione del rischio di essere contagiati dal virus SARS-Cov-2 è "forte" nelle persone vaccinate con ciclo completo. A dirlo sono i dati aggiornati all'8 settembre sulla protezione e l'efficacia vaccinale pubblicati nel report esteso dell'Istituto Superiore di Sanità.

Impatto della vaccinazione nel prevenire nuove infezioni, ricoveri e decessi:

▪ La maggior parte dei casi notificati negli ultimi 30 giorni in Italia sono stati diagnosticati in persone non vaccinate.

▪ Si osserva una forte riduzione del rischio di infezione da virus SARS-Cov-2 nelle persone completamente vaccinate rispetto a quelle non vaccinate (77% per la diagnosi, 93% per l’ospedalizzazione, 96% per i ricoveri in terapia intensiva e per i decessi).

Negli ultimi 30 giorni, si rileva come il 26% delle diagnosi di SARS-COV-2, il 37,4% delle ospedalizzazioni, il 46,7% dei ricoveri in terapia intensiva e il 49,9% dei decessi negli over 80 siano avvenuti tra coloro che non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino. 

EFFETTO PARADOSSO

PRECISAZIONI

Il report dell'Iss con i dati aggiornati all'8 settembre 2021

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EFFETTO PARADOSSO:

Nel report si evidenzia poi che, nel momento in cui le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura, si verifica il cosiddetto 'effetto paradosso' per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra vaccinati e non vaccinati, per via della progressiva diminuzione nel numero di questi ultimi. Per esempio, nella fascia di età 80+, dove la copertura vaccinale è intorno al 90%, si osserva che il numero di ospedalizzazioni fra vaccinati con ciclo completo è pari a 1.019 e mentre nei non vaccinati è più basso, pari a 638. Tuttavia, calcolando a partire da questi dati il tasso di ospedalizzazione negli ultimi 30 giorni, si riscontra come questo per i non vaccinati sia circa nove volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo (219,1 vs 24,5 ricoveri per 100.000 abitanti). 

Analizzando allo stesso modo il numero dei ricoveri in terapia intensiva e dei decessi negli over 80, si osserva che negli ultimi 30 giorni il tasso di ricoveri in terapia intensiva dei vaccinati con ciclo completo è ben tredici volte
più basso dei non vaccinati (1,1 vs 14,8 per 100.000 abitanti) mentre il tasso di decesso è quindici volte più alto nei non vaccinati rispetto ai vaccinati con ciclo completo (76,2 vs 5,0 per 100.000 abitanti). 

L’efficacia complessiva della vaccinazione incompleta nel prevenire l’infezione è pari al 63,0% (95%IC: 62,7%-63,3%), mentre quella della vaccinazione completa è pari al 77,3% (95%IC: 77,1%-77,5%). Questo risultato indica che nel gruppo dei vaccinati con ciclo completo il rischio di contrarre l’infezione si riduce del 77% rispetto a quello tra i non vaccinati. Siccome è una stima basata su un modello statistico, questa implica un livello di incertezza che è espresso dall’intervallo di confidenza, il quale indica che verosimilmente (con il 95% di probabilità) il valore reale dell’efficacia è compreso tra 77,1% e il 77,5%. L’efficacia nel prevenire l’ospedalizzazione, sale all’84,1% (95%IC: 83,5%-84,6%) per la vaccinazione con ciclo incompleto e al 93,4% (95IC%: 93,2%-93,7%) per quella con ciclo completo. 

L’efficacia nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva è pari all’90,8% (95%IC: 89,5%-91,9%) per la vaccinazione con ciclo incompleto e pari al 95,7% (95%IC: 95,0%-96,2%) per quella con ciclo completo. Infine, l’efficacia nel prevenire il decesso è pari all’83,8% (95%IC: 82,6-84,9%) per la vaccinazione con ciclo incompleto e pari al 96,3% (95%IC: 95,9%-96,6%) per la vaccinazione con ciclo completo. 

I DATI SULLA PROTEZIONE

PRECISAZIONI

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PRECISAZIONI:

È necessario ricordare che le stime di efficacia riportate non prendono in considerazione diversi fattori che potrebbero influire sul rischio di infezione/ricovero/morte e sulla probabilità di essere vaccinato (per esempio,
categoria a rischio, comorbidità, ecc.). 

In particolare, alcuni aspetti comportamentali potrebbero spiegare la minore efficacia vaccinale stimata nella fascia di età 12-39, soprattutto in relazione al rischio di diagnosi. È noto, infatti, come nella popolazione complessiva, viste anche le difficoltà del contact tracing, una quota di infezioni asintomatiche o con sintomi lievi non siano diagnosticate, e questo è verosimile si verifichi più frequentemente nella popolazione giovane, generalmente colpita dal virus in forma più lieve rispetto alla popolazione adulta. Tra i giovani non vaccinati, lo stigma e la paura di eventuali restrizioni alla loro vita sociale conseguenti un’eventuale diagnosi potrebbero ridurre l’utilizzo dei servizi diagnostici e quindi portare a una sottostima del rischio in questo gruppo e, di conseguenza, a una sottostima dell’efficacia vaccinale.

D’altra parte, è possibile che una parte della popolazione giovane, specialmente nelle settimane immediatamente precedenti l’inizio della stagione estiva, si sia vaccinata per non subire restrizioni alle proprie attività sociali, alcune delle quali potrebbero averli sovraesposti a contesti e comportamenti a rischio rispetto ai non vaccinati, causando quindi una riduzione della stima dell’efficacia vaccinale.

Infine, la maggiore trasmissione osservata in questa fascia di età nelle ultime settimane in cui la variante delta è predominante in Italia, potrebbe anche spiegare, almeno in parte, questo risultato, data la minore efficacia dei vaccini contro questa variante.

In generale, sebbene da un lato sia stato ipotizzato che in caso di sintomi lievi l’utilizzo dei servizi diagnostici nei vaccinati si riduca per un acquisito senso di sicurezza, potrebbe anche verificarsi che le persone vaccinate siano più attente e sensibili al problema in queste circostanze, rivolgendosi quindi più frequentemente ai servizi diagnostici rispetto alla popolazione non vaccinata. In quest’ultimo caso, si avrebbe una sotto-diagnosi delle infezioni relativamente più frequente tra i non vaccinati, con conseguente sottostima dell’efficacia vaccinale.

I DATI SULLA PROTEZIONE

EFFETTO PARADOSSO


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