Cronaca

Don Gino Vicarelli, il prete perugino che arrivò al Polo Nord e girò l'Europa in Lambretta

Alla sua memoria il Comune di Perugia ha meritoriamente intestato una strada in quel di Ponte Felcino

Don Gino Vicarelli – di cui ricorre il trentacinquesimo anniversario della morte – è stata una figura di assoluta eccezionalità. Ci piace ricordarlo, attingendo alle preziose informazioni dei nipoti Stefano e Pier Paolo, storici di Ponte Felcino. Don Vicarelli era nato  nel 1920 a Putrella Salto, un piccolo paese del Reatino. Spinto da sincera vocazione, era entrato a undici anni nel seminario diocesano di Perugia. Il collegio era stato trasferito dall’allora arcivescovo di Perugia, Mario Vianello, in quel di Corciano, nel 1943, per proteggere dai bombardamenti i seminaristi, tra i quali Gino che, il 6 maggio 1944, ricevette la consacrazione sacerdotale. Un mese dopo – il 12 giugno dello stesso anno – Ponte Felcino fu duramente colpita dalle fortezze volanti.

Come sacerdote, don Gino fu a  Pieve San Sebastiano, a Cordigliano, a Santa Petronilla, vice parroco a Monteluce e, dal 1974 al 1982, a Ponte Felcino. Cappellano del lavoro della Luisa Spagnoli, dell’Ellesse e della Standa, era molto amato da dipendenti e dirigenti, dei quali fu sempre in grado di comprendere le complesse problematiche di vita e di lavoro.

Seppe far rinascere l’antica Festa del SS. Crocefisso, che ancora prosegue al Ponte con cadenza quinquennale. Era uomo di vasta cultura, come dimostrano i suoi prestigiosi titoli accademici. Concluso il ciclo di studi teologici presso il pontificio collegio “Pio XI” di Assisi, conseguì, con lode, il dottorato in Sacra Teologia a Vengono Inferiore (VA), ricevendo l’elogio dal celebre cardinale Ildefonso Schuster, storico arcivescovo di Milano. Si laureò, presso “La Sapienza” di Roma, in Filosofia, col maestro Teodorico Moretti Costanzi. Nel ’66 fu dottore in Scienze Politiche a Perugia, con una coraggiosa tesi sul modernismo. Insegnò al liceo cittadino Mariotti, alla media Bonazzi, al liceo Galilei. 

Era subentrato nella guida della parrocchia di Ponte Felcino a don Remo Palazzetti, il prete inventore, di cui Perugia Today ha tracciato un seguitissimo ricordo. Monsignor Vicarelli fu, a sua volta, un prete veramente speciale. Sacerdote, intellettuale, professore, plurilaureato, giornalista, instancabile viaggiatore, cappellano di fabbrica, animatore di gruppi giovanili, elemento propulsore della vita sociale paesana, cultore delle lingue antiche come di quella perugina. Sdoganò il dialetto perugino dalla condizione di pregiudiziale subalternità in cui era tenuta da sedicenti custodi del purismo linguistico nazionale.

Sul finire degli anni ’70 conobbe il padre comboniano Aristide Stefani (“Duccio”), missionario nello stato africano del Malawi. Dette così vita al gemellaggio tra la parrocchia di Ponte Felcino e la missione di Muloza e Chipini. Da allora tutto il paese si mobilitò con generosità per aiutare questi sperduti villaggi africani.

Nel 1982 monsignor Vicarelli morì improvvisamente e si temette che con lui dovesse interrompersi l’avventura del Malawi. Ma, già dall’anno successivo, un gruppo di ponteggiani e di perugini – guidati dal compianto monsignor Remo Bistoni, dal nuovo parroco di Ponte Felcino don Mario Ceccobelli (poi vescovo di Gubbio) e da Andrea Vicarelli, fratello di don Gino – si recò a visitare la missione. 

Oggi quel gemellaggio si è trasformato in una fraternità tra le diocesi di Perugia e di Zomba. L’Associazione Amici del Malawi è una onlus molto attiva e apprezzata. Don Gino era un raffinato giornalista: oltre a vari periodici d’istituto, fondò il settimanale della Ceu “La Voce” e il periodico “Il Ponte”, al quale ci onoriamo di aver per anni collaborato. Coltivò il dialetto perugino con passione e competenza, tenendo su “Il Ponte” una seguitissima rubrica, “La posta de Ntognino”. Quei pezzi uscirono in volume nel 1980. Nell’81 pubblicò “Ventiquattro canti di morte”, in cui narrava la prematura scomparsa di altrettanti giovani amici. Il diario “Pensieri in libertà”, uscito postumo nel 1983, documenta le sue rare doti di fede e di umanità.

Uomo moderno e anticonformista, fu tra i primi a indossare il “clergyman”, in un’epoca in cui la tonaca era di rigore. Fu nominato monsignore nel ’73 e fece parte del Tribunale Rotale della diocesi di Perugia. Come ci ricorda Maria Antonietta Soldani, che ne fu prima allieva e poi collega, Gino Vicarelli fu docente di sociologia e di dottrina sociale della Chiesa nella neonata “Scuola Superiore per Assistenti sociali”, presso la Facoltà di Scienze politiche del locale Ateneo.

Don Gino, oltre alle lingue classiche (latino e greco), conosceva e parlava correttamente il francese, l’inglese, il tedesco e lo spagnolo. Amava utilizzare questa sua competenza comunicativo-relazionale al servizio dei numerosi viaggi che affrontava da solo o in gruppo. Era dotato di un notevole spirito di avventura che mise alla prova, tra l’altro, nei suoi arditi trasferimenti in “Lambretta” a Istanbul e in Portogallo (foto). Si recò impavidamente fino a Capo Nord, nei Paesi Scandinavi, a bordo della sua mitica “Seicento Fiat”. Alla sua memoria il Comune di Perugia ha meritoriamente intestato una strada in quel di Ponte Felcino.


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