Cronaca

Omicidio Polizzi, la difesa: "Valerio una povera vittima, Julia invece l'anima nera della storia"

Chiesta l'assoluzione per Valerio Menenti, il giovane accusato insieme al padre dell'omicidio di Alessandro Polizzi. Dure le parole contro la ragazza viva per miracolo e che Alessandro ha difeso perdendo così la vita

I toni della voce si alzano. Accanto a lei il suo assistito annuisce silenziosamente, come a dire: “Ha ragione io non c'entro niente in tutta questa storia”. La parola innocenza fa la sua apparizione più volte nell'arringa difensiva dell'avvocato Manuela Lupo, legale di Valerio Menenti, il giovane accusato in concorso morale e materiale con il padre Riccardo dell'omicidio di Alessandro Polizzi. Alla parola verità i genitori del giovane assassinato nell'appartamento di via Ettore Ricci, sobbalzano dalla sedia in maniera composta. Un secco “mah” arriva però dalla voce di Julia Tosti, unica superstite di questa tragedia, quando improvvisamente l'avvocato Lupo pronuncia la frase: “Chiedo l'assoluzione di Valerio, la vittima di tutta questa storia. Chiedo inoltre la pubblicazione della sentenza su tutte le testate giornalistiche nazionali e locali”. Chiesta, invece, per Riccardo Menenti l'assoluzione per il reato di tentato omicidio. I legali dell'uomo, Giuseppe Tiraboschi e Francesco Mattiangeli, hanno inoltre tentato di dimostrare in aula che non si è trattato di omicidio premeditato.

Non c'è un minimo di tentennamento nelle parole dell'avvocato, neanche quando, dopo ben cinque ore di arringa, punta il dito contro il pm Duchini, affermando: “Mi tutelerò dalle frasi pronunciate dal pubblico ministero, perché io questa Corte non l'ho mai truffata”. Si riferisce a quella foto della pistola presentata in aula dalla difesa. Si riferisce alle parole del pm di ferro pronunciate durante la requisitoria. Ma questo è solo uno dei punti che lasciano senza fiato, perché ciò che sconvolge è vedere improvvisamente ribaltata la figura di Julia che da vittima si tramuta in “vedova nera”, pronta a uccidere tutti ed a tessere la sua articolata tela.

E' Julia, per l'avvocato Lupo, la responsabile di questa assurda storia. La dipinge come una mitomane senza regole. Una giovane disposta a tutto pur di manipolare gli altri. Una ragazza che si inventa storie per far correre Valerio da lei con l'unico intento di farlo massacrare di botte da Alessandro. “Non è un teste attendibile – tuona in aula l'avvocato – una parte offesa sì, ma un teste attendibile no, soprattutto se ha chiesto un risarcimento danni che ammonta a ben 800mila euro”. Julia Tosti per il legale, come del resto per la famiglia Menenti, è l'anima nera di tutta questa storia. È lei a provocare Valerio. Ed è sempre lei a non accettare la fine della relazione.

Imputazione - “Pensavamo di doverci difendere solo dall'accusa di concorso morale, ma improvvisamente, in sede dibattimentale, il pm ha deciso di inserire anche il concorso materiale. Perché? Secondo la Duchini Valerio avrebbe fornito le chiavi al padre per aprire la porta di casa dove viveva Julia Tosti insieme ad Alessandro. "Ma è mai possibile – chiede la Lupo alla Corte – che un Pm cambi così improvvisamente idea?”.

Le chiavi – Per il legale non ci sono però prove di quello scambio di chiavi. L'avvocato parte dal video di un minuto e 27 secondi, estratto dal sistema di video sorveglianza del Santa Maria della Misericordia di Perugia, chiedendo, sempre alla Corte: “Dove sta lo scambio? L'avete visto?”. E ancora: “Non potrebbe essere che Riccardo abbia preso le chiavi a Ponte San Giovanni, senza dire niente a Valerio? Lui che ne poteva sapere? In questo caso non si tratterebbe di concorso materiale”.

La serratura – “Nella foto delle ore 5.40 del 26 marzo – afferma il legale - la serratura sembra essere esplosa, mentre in un altro scatto possiamo notare le viti divelte. Questo cosa vuol dire? Se diamo per assodato che Riccardo Menenti aveva le chiavi doveva essere salito con una pistola, un piede di porco, mettere le chiavi e aprire la porta, poi richiuderla e riaprirla con tre spallate per far finta di non avere il mazzo che permetteva di accedere all'appartamento di via Ettore Ricci. Se avesse usato le chiavi avrebbe potuto semplicemente sparare, uccidere e andarsene. Molto più semplice e meno rischioso”.

Testimonianze – Per l'avvocato Lupo non solo non sarebbe attendibile Julia Tosti, ma anche Micheal Gubbiotti, amico di Valerio, non è credibile. Ed è qui che i retroscena adolescenziali fanno la sua comparsa con intrighi e competizioni amorose proprio tra il giovane imputato e l'ex amico. Gubbiotti viene dipinto in aula come un vendicativo, un compagno spietato e felice di vedere Valerio nel letto d'ospedale agonizzante. C'è poi la commessa del compro oro, anch'essa totalmente inattendibile per il legale. Una mitomane apparsa in varie processi “e più volte smentita” come tiene a specificare il legale.

Posizione Riccardo Menenti – Per l'avvocato Tiraboschi, Riccardo, non avrebbe portato l'arma, ma era a casa di Alessandro Polizzi che aveva tutta la necessità di difendersi “per i traffici che aveva messo in piedi”. Riccardo quindi non voleva in nessun modo uccidere Alessandro. Nessun omicidio preterintezionale, quindi, per lui.

Le intercettazioni – Ed ecco fare la sua comparsa nuove intercettazioni. Le stesse che secondo l'avvocato dimostrerebbero l'innocenza di Valerio e del padre. Ecco le intercettazioni:

Riccardo: “Certo come cazzo ho fatto sfondà quel portone?” Valerio: “Non si apriva? Riccardo: C'aveva tutto chiuso? Valerio: “Ma n'allentata prima gliela dati?” Valerio: “Hai sfondato tutto come n'animale?” Riccardo: “Sì, non me fermava nessuno. Uno che aveva le chiavi faceva tutto sto casino”.

Seconda intercettazione: Valerio: “Quando è stata la seconda aggressione?” Riccardo: “Il 21 gennaio. Io l'ultimo messaggio gliel'ho mandato il 21 gennaio. Anzi me l'ha mandati tutti lei. Io ho mandato pure un messaggio a Camilla. E ho detto che lo denunciavo. Io le ho detto questo m'ha rotto i coglioni, ma era tre volte che me gonfiavano de botte. In vita mia non ho mai fatto a botte con nessuno. Adesso mi accusano de na cosa del genere e per farlo ha dovuto mettere su un baracchino del genere”.

Terza intercettazione - Valerio:“Io quel cazzo di interrogatorio davanti alla Duchini non lo faccio, perché io non ho fatto un cazzo. Ho preso un sacco di botte e basta. E lei che me deve spiegà perchè cazzo sto qui”.

Quarta intercettazione – Riccardo: “L'unica cosa che non era prevista è che quello aveva un'arma, perché se sapevo mica andavo”. “Purtroppo questo (Alessandro, ndr.) c'aveva sta cosa, sennò lo menavo. Io volevo fa quello che aveva fatto a te. Doveva sta sei mesi in ospedale, ma con la cannuccia”.  


Si parla di