LA CURIOSITA' Ci ricordiamo di San Silvestro solo tra lenticchie e cotechini... ma Perugia era molto devota: la storia e i resti artistici
Un esempio per tutti: la chiesa del XII secolo (recentemente riaperta) di San Fortunato è stata ricostruita nel Seicento proprio dai monaci silvestrini, venuti nella Vetusta dopo la distruzione della Rocca Paolina
Via Bartolo: San Silvestro abbandonato. Ormai il santo abate si ricorda solo in occasione della fine dell’anno, tra cotechino, lenticchie e tappi di spumante. Eppure Perugia è stata una città molto cara all’ordine silvestrino. Un esempio per tutti: la chiesa del XII secolo (recentemente riaperta) di San Fortunato è stata ricostruita nel Seicento proprio dai monaci silvestrini, venuti nella Vetusta dopo la distruzione della Rocca Paolina. A loro volta, provenivano dalla vicina Santa Maria Nuova, poco sotto: alla Pesa. Silvestro, denominato “confessore della fede”, è stato un Papa anche sfortunato perché la Storia lo ha legato all’invenzione della “donazione costantiniana”, con cui l’imperatore donava a Silvestro e ai suoi successori la città di Roma e alcune province italiane. Insomma: lo ricordiamo il 31dicembre, tra mangiate e bevute, poi il silenzio!
Ma, in via Bartolo – sotto l’archetto imbruttito da un’orrenda telecamera del situ – esiste un’edicola ceramica ben tenuta e recentemente ripulita a cura del condominio che ne è proprietario. Purtroppo, qualche anno fa una mano sacrilega ha strappato il portalampade che sosteneva la piccola luce votiva. Nessuno ha pensato a ricollocarla. Una sola persona (tuderte, non perugina!) si occupa di mettere qualche fiore (anche se, specie d’inverno, finto). È il buon Italo, personaggio acquisito alla Vetusta, persona umile e generosa, che tiene pulita la piaggia di San Fortunato e vi cura qualche pianticella.
Non sarebbe il caso di ricollocare un economico portalampada in quell’edicola? Il vandalismo che lo ha strappato è segno di una pietas popolare smarrita, che la città ha ormai messo in soffitta come le “buone cose di pessimo gusto” del poeta crepuscolare Guido Gozzano, anche lui ingiustamente dimenticato.