Cronaca

Speciale aborto in Umbria, il dossier dei pro-vita: "In Umbria un'anti life mentality: ecco come funziona..."

Un dossier che si contrappone alle denunce di Cgil e delle associazioni che denunciano lo strapotere degli obiettori di coscienza nelle strutture pubbliche di casa nostra. Ecco la risposta dei pro-life che a sua volta denuncia strutture solo "devote alla pratica dell'interruzione di gravidanza"

Abortire in Umbria sarebbe più difficile che nel resto del Paese. Lo dicono alcune associazioni per i diritti delle donne, la Cgil e anche i consiglieri regionali di centrosinistra Solinas, Rometti e Casciari che in una interrogazione hanno chiesto assunzioni mirate solo per ginecologi non obiettori di coscienza. Si cita la Relazione del Ministero della Salute del 15 dicembre 2016: "In Umbria ginecologi obiettori sono i 2/3 ovvero il 65,6% dei professionisti in organico". 

Anche la cronaca ha dato il suo contributo alle tesi di chi sostiene forti difficoltà ad effettuare una interruzione di gravidanza volontaria negli ospedali pubblici di casa nostra. A Foligno al nuovo ospedale San Giovanni Battista nello scorso mese di gennaio è stata disposta la sospensione temporanea delle attività di interruzione volontaria della gravidanza, costringendo le donne del comprensorio a recarsi in altri presidi ospedalieri come Spoleto o Narni. La sospensione del servizio – aggiungono - si è verificata a causa del numero estremamente esiguo di ginecologi non obiettori presenti nell'ospedale (2), che per ragioni diverse non potevano essere in servizio (dimissioni in un caso e malattia nell'altro). 

Insomma tanti dati e numeri sembrano confermare la difficoltà di abortire in Umbria nonostante sia regolamentato da una legge dello Stato Italiano. Chi non la pensa così è il dottore Angelo Francesco Filardo,  Membro del Consiglio Direttivo della Federazione Regionale dei CAV e Mpv Umbri  V. Presidente dell'AIGOC, che ha elaborato un vero e proprio contro dossier che va oltre gli ospedali dove avviene l'interruzione di gravidanza: si parla della disponibilità della pillola del giorno fino al ruolo pro-aborti, a suo cire, dei consultori. Ma non dimentica anche del paragone tra strutture per nascere e quelle per non venire al mondo. 

"Le strutture in cui si praticano le IVG in Umbria - ha scritto il dottore - sono più numerose (6,3) di quelle in cui si partorisce (5,8) per 100.000 donne di età compresa tra 15-49 anni. Il carico di lavoro medio per ogni ginecologo umbro non obiettore nel 2014 è stato di 1,2 ivg a settimana, nettamente inferiore alla media nazionale (1,6)".

Se gli obiettori in Umbria sarebbero il 60 per cento del personale medico specializzato, la situazione cambia nettamente, secondo Filardo, studiando i numeri dei consultori familiari pubblici umbri dove "i dati forniti dal Ministero ci dicono che il 91,60 % delle delle 1024 donne che nel 2014 si sono recate nei 33 Consultori Familiari pubblici umbri sono tornate a casa con il certificato per abortire". Per il medico pro-life nei consultori non verrebbero date tutte le spiegazioni anche per portare avanti la gravidanza in situazioni difficili economicamente e a livello umano. 

"I consultori, infatti, sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. In particolare chi chiediamo  riguardo al punto d) dell’art. 2 in che modo i Consultori Familiari umbri collaborano con i Centri di Aiuto alla Vita Umbri per aiutare le donne a superare le difficoltà che le inducono a chiedere l’aborto volontario". 

Nel mirino degli ambienti cattolici pro-life dunque ci sono i consultori che il dottore Filardo, nella sua nota, così giudica: "la presenza dei Consultori Familiari pubblici ha probabilmente alimentato in Umbria una anti life mentality, responsabile del suicidio demografico, reso meno drammatico solo dall’apporto delle coppie straniere che hanno partorito il 18,4% dei nati vivi in Umbria  nel 2015 pur rappresentando solo l’11% delle donne in età fertile, cui gli Amministratori Regionali assistono passivamente". Parole pesanti. 

Un’altra questione sollevata nel dossier sull'aborto in Umbria riguarda "il perché la Regione Umbria non ha ancora recepito le ripetute richieste di aprire all’interno degli ospedali dove si svolgono gli aborti volontari uno sportello del CAV (Centro di Aiuto alla Vita) che possa offrire alle donne l’aiuto di cui hanno bisogno per evitare il dramma dell’aborto". 

C'è spazio anche per la ormai consolidata pillola del giorno che tecnicamente non è una interruzione di gravidanza ma per Filardo "non è prevenzione dell’aborto volontario ma suo occultamento o camuffamento". Un dossier pro-life che vuole contropporsi a chi denuncia invece le mille difficoltà in Umbria per poter effettuare un aborto. Il lettore come sempre si farà la sua opinione. A noi spetta soltanto il compito di raccontare i mille colori della cronaca di casa nostra.


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