Cronaca

Organizzò una spedizione punitiva contro il cliente che voleva rivelare alla famiglia la sua "doppia vita"

Il pm Giuseppe Petrazzini ha chiesto per la donna cinque anni e due mesi di reclusione, per gli altri tre imputati quattro anni e sette mesi. Ecco tutta vicenda

Mazza da baseball foto d'archivio

Una spedizione punitiva costata ai presunti mandanti  12mila euro, per indurre la vittima a lasciare l’Umbria e a non rivelare la doppia vita della donna per cui aveva perso la testa. Una vicenda - quella accaduta in provincia di Perugia nel 2012 - ancora tutta da chiarire, e che vede al centro un' avvenente ragazza di buona famiglia che ha deciso di fare la prostituta, i suoi “complici” e un cliente che si era invaghito di lei.

Oggi la vicenda è sbarcata in tribunale (davanti al primo collegio presieduto da Gaetano Mautone) per la discussione: il pm Giuseppe Petrazzini ha chiesto per la donna cinque anni e due mesi di reclusione, per gli altri tre imputati quattro anni e sette mesi. Il quinto imputato coinvolto nella vicenda è stato invece giudicato con rito abbreviato e già condannato. La parte civile (avvocato Bartoli) ha chiesto un risarcimento di 100mila euro per l’aggressione che la vittima subì nel 2012, mentre il legale dell’imputata- l’avvocato Marco Brusco- ha chiesto per la sua assistita l’assoluzione per il reato di rapina, e la pena minima prevista per il reato di danneggiamento e per le lesioni procurate alla vittima. 

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In base alla tesi accusatoria la rapina in danno alla vittima (gli furono rubati  5mila euro) altro non era che una “spedizione punitiva” al fine di indurlo a lasciare la regione, orchestrata dalla donna che avrebbe a sua volta incaricato complici per mettere in atto il suo piano. Ma perché una cittadina di buona famiglia, figlia di un ricco commerciante, avrebbe dovuto ricorrere a tanto? Secondo quanto ricostruito, l’imputata avrebbe avuto una doppia vita, ossia da tempo sarebbe stata dedita alla prostituzione, ma all’oscuro dei suoi familiari.

Proprio per evitare che uno dei suoi clienti - nel frattempo invaghitosi di le -rilevasse  la sua vera vita alla famiglia- la donna avrebbe organizzato la spedizione punitiva per evitare potesse portare a termine il suo “ricatto”. Per pagare gli esecutori materiali dell’aggressione la donna avrebbe sborsato oltre 12mila euro: la prima metà subito saldata, la seconda concessa solo dopo aver portato a termine il piano. Per l’accusa sarebbe stata lei a programmare tutto, a decidere ruoli e relative ripartizioni per colpire colui che gli avrebbe potuto rovinare la reputazione. I piani vendicativi della donna, si sarebbero avvalsi della collaborazione di un altro imputato, colui che avrebbe fatto da intermediario con gli esecutori materiali della vicenda. 

Il cliente, oggi parte civile nel processo contro la donna e i suoi complici, colto da un raptus di gelosia, in un episodio l’avrebbe schiaffeggiata e chiesto indietro la somma di 20mila euro che lo stesso gli avrebbe corrisposto come pagamento dei rapporti sessuali. Al suo rifiuto avrebbe dunque minacciato di svelare tutto alla famiglia.

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L’uomo, nel dicembre del 2012, mentre era in compagnia della donna, venne aggredito con una spranga: prima gli distrussero l’auto, poi lo rapinarono e lo colpirono fino a cagionargli ferite in più parti del corpo e un trauma cranico. Ora si tornerà in aula il 28 febbraio per eventuali repliche delle parti e la sentenza. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Brusco (foro di Perugia), Massatani del foro di Viterbo e Lamonica del foro di Roma. 


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