Cronaca

Il curioso caso della targa anomala della "Piazzetta della Sinagoga"

La polemica: “Il Comune si metta d’accordo… almeno con se stesso. Se è il primo a non rispettare le proprie prescrizioni, dove andremo a finire?”

“Il Comune si metta d’accordo… almeno con se stesso. Se è il primo a non rispettare le proprie prescrizioni, dove andremo a finire?”. A parlare così criticamente è un noto storico cittadino, mentre osserva la nuova targa toponomastica apposta ad angolo tra via Ulisse Rocchi e la piazzetta sottostante via Pozzo Campana. Siamo di fronte a palazzo Brutti, sede della Soprintendenza. Da una settimana – evidentemente l’intestazione è passata per la Commissione toponomastica – questa piazzetta anonima è stata battezzata. “Adeguatamente”, a parere unanime.

Si chiama, infatti, “Piazzetta della Sinagoga”. Come mai? È noto che la zona di Pozzo Campana era, anticamente, un quartiere ebraico. Qui risiedevano gli ebrei ed esercitavano soprattutto attività economiche: finanziarie (prestarono soldi anche al Comune di Perugia) e commerciali. Lo dimostra tuttora un luogo di culto: l’abside dell’ex sinagoga che si nota scendendo lungo via Bartolo. Chiaramente ci troviamo nel rione di Porta S. Angelo, ex parrocchia di San Donato (il cui titolo sarebbe stato poi trasferito all’Elce).

Dunque: azzeccatissima, e storicamente pertinente, la denominazione. Meno azzeccata la tipologia di targa toponomastica. Anzi, a dirla tutta: anomala e fuori regola. Infatti questa ha dimensioni diverse, rispetto a tutte le altre disseminate in città: è sensibilmente più piccola e non se ne vede la ragione. Non è che il marmista abbia, per questo, preteso il pagamento di un centesimo in meno rispetto al costo di quelle di formato standard. 

Qualcuno – con umorismo sornione, tutto perugino – l’ha paragonata a una lapide funeraria. Anomalo anche il carattere, ossia la dimensione e la tipologia delle lettere, che differiscono rispetto allo standard. Anomalo lo spessore della pietra (sensibilmente più alto), come pure il colore tendente al nocciola, al posto del bianco latte delle altre, come anche la lucidatura, mentre di norma sono opache. Lode, invece, alla scelta delle grappe di ancoraggio: le hanno messe a tre punte, a somiglianza di quelle antiche. Le stesse, per intenderci, che hanno utilizzato per sorreggere la targa di corso Vannucci, in sostituzione di quelle vecchie e rugginose.

“Ma che male c’è?”, si dirà. Semplicemente una questione di uniformità. Si ricorda che, quasi tre anni fa, di questi giorni, in occasione della nuova denominazione della vecchia via dell’Arco in via Claudio Spinelli (in adiacenza al liceo ginnasio Mariotti) il Comune impose alla famiglia Spinelli (che ne sopportò volentieri gli oneri economici) dimensioni, corpo e tipologia di carattere sopra la targa odonomastica.

Anzi: impedì, scioccamente, che sotto il nome del grande Claudio si scrivesse “poeta”, oltre alla data di nascita e di morte (1930-2002), perché i regolamenti vietavano queste indicazioni. Se ne adontarono gli amici dell’Accademia del Dónca (che avevano proposto l’intestazione) ed elevarono vibrate proteste. Ma il gabinetto del sindaco fu irremovibile: “Dura lex, sed lex”! Troppo ligi allora, troppo permissivi ora.


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