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Ricordando Fabrizio De André. Dice Dori Ghezzi: “Tante bugie ripetute rischiano di essere prese per verità”

Sold out in Galleria per un altro evento coi fiocchi, voluto da Marco Pierini. Che del cantautore genovese sintetizza la grandezza dicendo: “Fabrizio, una presenza forte nella biografia di ciascuno di noi”

Galleria Nazionale. Si parla di musica ricordando Fabrizio, a vent’anni dalla scomparsa. Dice Dori Ghezzi: “Tante bugie ripetute rischiano di essere prese per verità”.

Sold out in Galleria per un altro evento coi fiocchi, voluto da Marco Pierini. Che del cantautore genovese sintetizza la grandezza dicendo: “Fabrizio, una presenza forte nella biografia di ciascuno di noi”.

L’occasione dell’incontro vede la presentazione di tre libri che si sommano ai circa duecento già usciti sulle opere e i giorni di De André.

S’inizia con "Fabrizio De André. Sguardi randagi. Le fotografie di Guido Harari" (Rizzoli, 2018), con oltre trecento immagini scattate dal fotografo che lo seguì nella memorabile tournée con la PFM. Lo scatto più meritatamente famoso è quello in cui il celebre cantautore sbadiglia, appoggiato a un termosifone. La spontaneità e la freschezza di quell’immagine costituiscono la carta d’identità di un uomo che fece della schiettezza la propria cifra artistica e umana.

Quindi si è parlato di "Amico Faber. Fabrizio De André raccontato da amici e colleghi" (Hoepli, 2018), a cura di Enzo Gentile. Si tratta della raccolta di testimonianze, prudentemente registrate, di 130 persone. Raccontano la vita di tutti i giorni, spigolature, episodi anche minimi. Tra i testimoni, Wim Wenders che Fabrizio non ha mai incontrato, ma che nutre per il cantante un vero culto.

Infine la testimonianza di Dori Ghezzi, pubblicata nel volume "Anche le parole sono nomadi. I vinti e futuri vincitori cantati da Fabrizio De André" di Fondazione Fabrizio De André Onlus (Chiarelettere, 2018).

I veri protagonisti sono, naturalmente, i vinti. “La Fondazione – dice la compagna di una vita – cerca di tenere vivo il nome, la memoria e soprattutto la parola di Fabrizio (un tempo, si sarebbe detto “il messaggio”), attraverso le frasi da lui stesso pronunciate, gli appunti, le presentazioni, le riflessioni”.

Aggiunge: “Sono unità tematiche, tra le quali quella della donna, vista come sorgente di vita, di sacrificio, di amore. Sono le stesse canzoni a fare da filo conduttore secondo un criterio cronologico”.

È un tentativo di salvare Fabrizio dalla menzogna. “Spesso non si tratta di errori, fraintendimenti, sviste gravi – dice – ma certi racconti divergono dal vero, dànno di Fabrizio un’immagine imprecisa, talvolta tradendo la sua vera natura e il suo pensiero. È per questo che mi adopero a contrastare queste approssimazioni. Perché le menzogne, ripetute, vengono riprese da altri e rischiano di essere scambiate per verità”.