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“Perché la Polonia ha scelto la destra?”, il convegno all'Università di Perugia

Martedì, dalle ore 11 alle 13, nell’Aula Dessau di Palazzo Murena, sede Rettorato dell’Ateneo di Perugia, si terrà il convegno “Perché la Polonia ha scelto la destra?”.L’iniziativa rientra nell’ambito del Progetto “Il Volto d’Europa” che punta a ricostruire l’identità europea attraverso la conoscenza dei tratti caratteristici che connotano l’identità di ciascuno dei paesi membri dell’Unione europea.

I lavori, coordinati dal professor Alessandro Campi (Università di Perugia), introdotti dal professor Fabio Raspadori (direttore del Centro di documentazione europea dell’Università di Perugia), vedranno le relazioni del dottor Giovanni Barbieri (Università di Perugia) e del professor Stephan Bielanski(Università di Cracovia). Nelle elezioni del 25 ottobre 2015, il partito di destra Diritto e Libertà' (PIS) di Jaroslaw Kaczynski, ha vinto le elezioni politiche in Polonia ottenendo la maggioranza assoluta dei seggi. Per la prima volta nella storia della Polonia democratica un solo partito politico ha il controllo della Presidenza della Repubblica (Andrzej Duda), del Governo (Beata Sdylo), della Camera (Sejm) e del Senato.

Nel suo discorso di investitura, la neo Premier ha indicato le priorità del suo governo. Al primo posto l’avvio di processi di sviluppo più equi ed inclusivi socialmente, da realizzare attraverso un ruolo attivo dello Stato nello stimolo agli investimenti ed in ambito redistributivo. Ma si punta anche a “ripolonizzare” la società polacca, obiettivo da ottenere valorizzando le radici storiche e l’identità nazionale, con particolare riferimento ai valori di un cattolicesimo tradizionalista.

Nonostante la schiacciante vittoria alle consultazioni politiche del 2015, non mancano però le voci di forte dissenso. In molti ritengono che quanto sia avvenuto in Polonia rappresenti una pericolosa involuzioni anti-democratica. A partire da quanto sostiene Lech Wałęsa, eroe nazionale ed ex leader di Solidarność, il quale afferma che “Le azioni di questo governo vanno contro la Polonia, contro quello che abbiamo conquistato, contro la libertà e la democrazia”.

Anche l’Unione europea ha fatto sentire la sua voce. Nel giugno 2016 la Commissione europea, per la prima volta nella sua storia, ha inviato al governo polacco un “parere sullo stato di diritto”, in cui esprime preoccupazioni per la riforma della Corte costituzionale polacca voluta dal PIS, in quanto rappresenterebbe “una minaccia sistemica allo stato di diritto” limitando il controllo su leggi sensibili tra cui quella sui mezzi d’informazione.

Più di recente le cronache di tutto il mondo si sono occupate delle vaste manifestazioni che nell’ottobre 2016 hanno portato decine di migliaia di donne polacche a protestare nelle piazze contro la proposta di legge governativa sull’aborto, che puntava ad introdurre il divieto assoluto di ricorrere all’interruzione di gravidanza se non in caso di pericolo di vita per la donna. In seguito alle contestazioni il provvedimento è stato ritirato. Anche in Parlamento si sono toccati momenti di forte tensione. Come è accaduto nel dicembre 2016, quanto il partito Diritto e Giustizia ha adottato il bilancio statale impedendo alle stampa di seguire i lavori in aula. Ciò ha scatenato la proteste dei parlamentari d’opposizione, che hanno occupato l’aula del Parlamento.

Cosa sta accadendo in Polonia? Il sostengo alle politiche e ai valori del partito di Jaroslaw Kaczynski è condiviso realmente dalla maggioranza dei polacchi? Le libertà ed i diritti fondamentali sono effettivamente messi in dubbio? Qual è il modello di riferimento al quale guarda l’attuale governo di Beata Szydło?


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