Segnalazioni

L'INTERVENTO Riflessioni sul 25 Aprile e 1°Maggio di lettore-lavoratore orgogliosamente di sinistra

Riceviamo e pubblichiamo la lettera-riflessione di Federico Balducci sul valore, l'importanza e i suoi ricordi personali su due feste sociali che abbiamo da poco passato - il 25 aprile e 1 Maggio - e forse poco analizzato e festeggiato a causa della pandemia. Buona Lettura

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di Federico Balducci. Cittadino, lavoratore (per correttezza militante del Partito Democratico)

Anche quest’anno, in piena ed interminabile quarantena, siamo riusciti ad accantonare la festa del 25 Aprile e quella del 1° Maggio con le polemiche di sempre. Allora visto il dover rimanere a casa e l’avere un po' di tempo a disposizione ho pensato di andare a ritroso nella mia mente per capire da dove nasce nel mio caso considerare queste due date delle giornate da commemorare. Una premessa d’obbligo è quella di identificare la mia famiglia di provenienza: una famiglia operaia e non proletaria. Faccio questa distinzione perché figlio di 2 operai di origine contadina e non politicizzati, in famiglia si è iniziato a parlare di politica solo dopo che io ho portato l’argomento in casa in tarda adolescenza. Il primissimo ricordo di un argomento politico risale ad una domenica elettorale, credo di fine anni 80 ed io ancora bambino, quando chiesi ai miei genitori per chi avessero votato e mi risposero P.C.I..

Ritornando alle due festività il primo ricordo che mi viene alla mente è quello del 1° Maggio, il giorno in cui si festeggiavano i lavoratori, assimilabile ad una domenica e quindi passato a casa dei miei nonni materni. La differenza rispetto ad una domenica normale era che la mattina mio nonno mi portava all’area verde dove il Circolo Arci organizzava una gara di bocce ed offrivano il panino con la porchetta, al pomeriggio mia nonna mi portava in parrocchia dove organizzavano una gara di bocce ed offrivano il panino con la porchetta. In pratica era un giorno speciale perché potevo mangiare due panini con la porchetta. Relativamente al 25 Aprile i primi ricordi sono collegati ai racconti di mio nonno di quando era stato chiamato alle armi, appena maggiorenne, nel 1942 e spedito ad Ancona fino all’8 Settembre dell’anno successivo quando il tenente convocò tutti nel piazzale della caserma e gli comunico che il Duce era stato deposto. Il nonno mi raccontava sempre che alle parole del tenente il suo primo pensiero fu al dopo perché essendo vissuto sempre e solo sotto il regime non riusciva ad immaginare un altro mondo.

Comunque il nonno decise di disertare e tornare a casa, ma questa è un'altra storia, che finisce il 25 Aprile del 1945 e come raccontava inizia un dopo che non avrà nulla a che fare con il prima. Quindi in estrema sintesi il 25 Aprile finisce la guerra e rinasce la democrazia ed il 1°Maggio si festeggiano i lavoratori di tutto il mondo, se devo essere sincero non è il rituale delle polemiche all’avvicinarsi di queste due ricorrenze bensì è l’indifferenza che desta in me maggiori preoccupazioni. Indifferenza verso il bisogno di commemorare la “Liberazione” dall’invasore e la fine di una guerra durata 5 anni, in cui donne e uomini non hanno solo combattuto a fianco degli alleati ma soprattutto hanno messo le basi per la costruzione della Repubblica. Indifferenza verso la necessità di pensare al “Lavoro” come unico strumento per l’emancipazione economica e culturale dell’individuo.

L’indifferenza verso queste tematiche in questi anni si è trasformata in insofferenza e perdita di fiducia verso le istituzioni e le classi dirigenti. I valori di queste due festività possono essere una diga, un punto di non ritorno verso un passato di sfruttamento e limitazione delle libertà, ma il dibattito politico e le azioni dei governi dovrebbero continuamente rinsaldare e rinforzare le basi si questa diga. Se facciamo riferimento alla festa del 25 Aprile dobbiamo parlare di Democrazia e Partecipazione e non possiamo non pensare alla mancata costruzione di una Europa Politica, dotata di una sovranità realmente rappresentativa dei singoli stati membri. Nella cronaca sentiamo sempre e solo parlare di istituzioni finanziarie europee e quindi quello che si percepisce è qualcosa relativo esclusivamente alla nostra situazione economica e abbiamo difficoltà nel capire chi comanda e soprattutto chi ha delegato la nostra sovranità a queste istituzioni.

Oggi, nel mentre della crisi Covid19 e a poco più di un decennio dalla crisi dei mercati finanziari del 2008, le risposte delle istituzioni devono essere celeri e di portata epocale ma nel mentre non possiamo rinviare una discussione sulla nuova idea di Europa, altrimenti la discussione sarà sterile e semplificata nel dire Euro(€) si o Euro(€). Parlando della festa del 1°Maggio, la festa dei Lavoratori e del Lavoro, troppo spesso sentiamo dire che dobbiamo pensare anche a chi un lavoro non ce l’ha. Questo è sacrosanto, ma il lavoro è cambiato perché è cambiato il mondo e le scelte politiche molto spesso hanno assecondato il mercato del lavoro piuttosto che indirizzarlo.

Il dilagare del precariato, la trasformazione del lavoro subordinato in lavoro a p.iva sono responsabilità dei governi nazionali. La competizione sul costo del lavoro e la gara al ribasso dei diritti dei lavoratori anche all’interno dell’Unione Europea ha avuto conseguenze devastanti sul tessuto industriale dei singoli stati ed innescato una diffidenza tra i popoli europei. Quindi se vogliamo ridare linfa al significato di queste due festività dobbiamo combattere l’indifferenza, per fare questo abbiamo bisogno che la politica e la sua classe dirigente inizi a parlare di come ridisegnare il dopo, il nostro prima è una crisi economica che rischiamo si trasformi in tragedia sociale. Federico Balducci. Cittadino, lavoratore (per correttezza militante del Partito Democratico)


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