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GRIFONERIE Rifondare il Perugia copiando l’Atalanta? Un'idea per Santopadre, Goretti e Cosmi

Mentre il calcio è fermo per l'emergenza coronavirus, ecco l'analisi di Claudio Sampaolo sulle prospettive future del Grifo: sfatando certi luoghi comuni, il club bergamasco può essere il modello da seguire

In questo momento storico, dovendo restare in casa per ore e ore, oltre ad inventarci improbabili hobby (giardinaggio, falegnameria, cucina, meccanica di precisione), a leggere qualche libro lasciato lì da mesi, seguire i programmi tivù preferiti (“Giorgione orto e cucina”, tutte le sere alle 20 sul canale 412 di Sky: uno spasso, una delizia, un potente antistress), si può, per esempio, scrivere di calcio senza fretta. Meditando, analizzando, pensando.

E allora, il tema è questo: perché il Perugia è passato in quattro anni da una media di quasi 11mila spettatori ai 7800 scarsi di oggi? Semplicisticamente si potrebbe dire perché non vince. Ma non è vero. Una prova? Dopo aver fatto il colpo a Crotone (3-2), la settimana successiva, in casa col Cittadella, scontro di vertice, c’erano 7346 spettatori. E allora, vogliamo dirci la verità? A Crotone il Perugia aveva un po’ rubacchiato: catenaccio e contropiede, quattro tiri e tre gol, mentre Vicario aveva fatto il fenomeno.

Dunque, secondo me, la chiave di volta è un’altra: bisogna offrire spettacolo per riportare gente allo stadio, perché altrimenti, di questo passo e virus permettendo, il biglietto (o l’abbonamento) lo faranno i soliti, inossidabili tifosi, che non se ne sono andati nemmeno ai tempi della serie D.

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E allora, detto senza perifrasi, se copiare il Liverpool può essere un problema, si potrebbe almeno provare a seguire le tracce dell’Atalanta? Non subito, ma programmando magari in vista della prossima stagione, chiedendo all’allenatore se è d’accordo, chi vorrebbe, cosa pensa di un atteggiamento a volte anche pericoloso, ma che potrebbe rendere tantissimo in termini di punti, gol e spettacolo.

Sentiamo già qualche voce di sottofondo: quelli corrono come dannati, hanno un preparatore atletico/mentale un po’ “stregone” come Jens Bangsbo ex della Juve di Lippi e Moggi (e ci siamo capiti…), hanno due fuoriclasse come Ilicic e Gomez, hanno un formidabile settore giovanile, ma soprattutto un allenatore visionario ma lucido, come Gasperini. Bene, proviamo a ragionare non per luoghi comuni ma per dati certi...

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1) L’Atalanta non corre molto. Corre bene (vedremo i numeri) perché è ben messa in campo, corta, con scalate avanti e indietro che a volte - come ha rilevato Arrigo Sacchi - gli consentono di giocare uno schema come il vecchio WM inventato attorno dal 1930, che fece le fortune del Grande Torino. Un “sistema” d’attacco con 3 difensori, due mediani, due trequartisti e tre attaccanti: uno centrale e due esterni, di norma i terzini Hateboer e Gosens. Pensate solo a quante volte ha segnato uno dei tre difensori su cross dei terzini.

2) Settore giovanile. L’Atalanta è una delle squadre più vecchie della serie A con 27 anni di metà media. Il più giovane è Gollini (25) ed a parte Caldara nessuno delle giovanili è impiegato da Gasperini. I ragazzi più bravi si fanno le ossa in altri club, esplodono e sono rivenduti a peso d’oro. A gennaio tra Barrow e Kulusevsky, venduti a Bologna e Juve, sono stati incassi 70 milioni di euro.

3) Ilicic e Gomerz erano dei buoni giocatori, forse talenti inespressi, ma il modulo e la forza mentale acquisita negli ultimi anni li ha fatti diventare dei Campioni. Ora si parla, forse esagerando, di Pallone d’Oro per lo sloveno. Un po’ troppo, ma rende l’idea. Per non parlare di Djimsiti, Toloi, Palomino, Hateboer, Castagne, Freuler, De Roon, Gosens, tutti pescati dal formidabile ds Sartori quando erano degli illustri Signor Nessuno. Questa ottima messe m’è venuta in mente giorni fa, quando ho rivisto su Umbra Tv110 un Perugia-Roma (0-1) del 2003-2004. Da una parte la Roma di Totti, Cassano, Emerson, Mancini, Chivu, De Rossi e via dicendo. E il Perugia di Cosmi, che perse immeritatamente giocando un gran calcio? Giandomenico, Ignoffo, Diamoutene, Scandurra e alla fine anche Zerbini.

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4) L'ultimo punto, il più importante. Perché non è affatto vero che l’Atalanta corre più degli altri. Anzi, quanto a chilometri percorsi è al nono posto in classifica, e il primo atalantino in classifica è Castagne, 28.mo con una media di 10,8 a partita. Nei primi 272 giocatori della serie A per chilometraggio ci sono solo 8 atalantini. Due frecce come Hateboer e Gosens hanno fermato il contachilometri a circa 10,4 km/partita, Gomez che pare ovunque poco sopra i 9km, Ilicic idem. Ultimo Zapata con 8,6 km.

Ultimo dato rilevante: Gollini è il portiere che ha dovuto fare meno parate in serie A, appena 59, il che significa che nonostante un presunto sbilanciamento offensivo, la pressione sugli avversari è talmente forte che arrivano a tirare appena 2 volte a partita.

Che ne dicono Santopadre, Goretti e Cosmi, il modello-Atalanta può essere una buona idea da copiare o quantomeno sul quale riflettere?


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