Calcio

GRIFONERIE La rivoluzione “felice” di Alvini: cambia giocatori e vocabolario

L'analisi di Claudio Sampaolo dopo il successo del Perugia a Cosenza (il terzo di fila), arrivato nonostante gli otto cambi presentati nella formazione titolare rispetto a quella che tre giorni prima aveva travolto il Frosinone

Massimiliano Alvini forse non lo sa, o forse lo sa troppo bene: martedì sera a Cosenza ha compiuto una piccola rivoluzione applicata al mondo del calcio. Di sistema e di linguaggio. Ha cambiato 8 giocatori tutti assieme, una cosa che a nostra memoria non ha mai fatto nessuno, a meno che non si dovesse giocare un inutile turno di Coppa Italia o una amichevole di quelle che si disputano in precampionato o durante le soste imposte dal calendario. L’ha fatto Pioli, per la verità, ma non per scelta: aveva fuori, tra Covid e infortuni Calabria, Tomori, Romagnoli, Kessie, Bennacer, Leao, Rebic, Giroud e Ibrahimovic.

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Fin qui, di regola, in circostanze simili, cioè due partite in tre giorni, al massimo si cambiavano 3-4 giocatori, perché gli allenatori sanno benissimo che alterare i meccanismi della propria squadra può essere a volte letale. Altri ancora, invece di fare turnover (Alvini ci perdoni) preferiscono insistere sui titolari e poi cambiare alla bisogna, ormai quasi strutturalmente dopo un’ora di gioco.

Perché mai, allora, nessuno ha mai fatto una rivoluzione del genere? Si potrebbe parlare di mancanza di coraggio e paura di fare una bella frittattona. Gli innovatori per loro natura passano subito per dei “mezzi matti”. Basterà ricordare come fu accolto Arrigo Sacchi quando arrivò al Milan da Parma, senza avere un background (ci perdoni Alvini) alle spalle.

Ve l’immaginate, allora, Inzaghi che domenica prossima contro il Sassuolo rovescia l’Inter, stanca dopo la partita di Champion’s, lasciando in panchina Skriniar, Bastoni, Dumfries, Perisic, Brozovic, Chalanolgu, Barella e Lautaro? Impossibile.

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Adesso che ha aperto un varco in questo mondo sempre restio alle innovazioni, però, Alvini sa benissimo che il rischio, se con la Cremonese rimettesse dentro tutti i “panchinari” di Cosenza, sarebbe quello di identificare con nomi e cognomi un Perugia Uno e un Perugia Due.

E allora? Intanto si può ben dire che gli unici due che non faranno mai turnover (ehm…) sono Chichizola e De Luca, il portiere perché è l’unico ruolo dove le gerarchie non si cambiano mai, il centravanti perché proprio non ha sostituti in grado di produrre lo stesso gioco. E siamo convintissimi che se Curado non fosse reduce da un infortunio anche Angella avrebbe avuto un turno di riposo.

Quindi che cosa ha detto Cosenza in proiezione-Cremonese? Anzitutto, come abbiamo più volte rilevato, siccome Alvini ha dato a questa squadra una strategia ben definita, chiunque “suoni” sa lo spartito a memoria. In Calabria meno pressing alto e più palleggio, ma Rosi, Falzerano, Beghetto e Matos hanno confermato di essere dei potenziali titolari a tutti gli effetti, così come D’Urso, che è sulla strada per diventarlo, mentre Zanandrea, Kouan e Ghion sono ancora un passo indietro a Dell’Orco ed ai centrocampisti che hanno stritolato il Frosinone. Ad occhio e croce, se non sbagliamo di grosso, contro la Cremonese andrà in campo un mix delle ultime due formazioni.

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Chiudiamo con la strana mezza polemica di Alvini, che a fine partita, forse ancora carico di adrenalina, ha riposto quasi seccato a chi ha parlato di turnover, quasi battendo i pugni: “Punto turnover, punto turnover, punto turnover...”.

Facciamo un accordo: noi giornalisti cominceremo a parlare, a scelta, di rotazione, giravolta, capovolgimento, ribaltamento, rovesciamento, avvicendamento o ricambio (Treccani docet), perché, al di là del significato delle parole, questo ha fatto Alvini a Cosenza.

Lui, però lasci stare i toscanismi, anzi il pantoscanismo. Invece di “punto” (che risale a Boccaccio) si può dire affatto, per niente, nessuno. Poi se continuerà a fare rivoluzioni vincenti ed a stupirci, potrà anche dire “abbiamo dato le paste agli avversari”, che in fiorentino stretto sarebbe “li abbiamo stracciati”. Alè!

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