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Coronavirus, il Perugia non ci sta. E Santopadre alza la voce: "Ripartire? Così ci mandano al macello"

Il presidente del Grifo: "Protocolli sanitari inattuabili in B: tra sanificazioni, mascherine, ritiri permanenti e tamponi servirebbe un contributo di 400mila euro a club, ma la Figc dice no. Calciatori? Se si riparte pagheremo due delle ultime quattro mensilità, capiranno..."

È un fiume in piena il Massimiliano Santopadre che aspetta di capire come il calcio riuscirà a venire fuori dall'emergenza coronavirus. “La situazione straordinaria che stiamo vivendo consiglierebbe di fermarci - spiega il presidente del Perugia - ma il problema è sanitario e a decidere dovrebbe dunque essere il mondo medico-scientifico che però sembra averci in pratica detto 'gentilmente' di lasciar perdere”. 

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I problemi, secondo il numero uno biancorosso, sorgono sia a livello logistico che economico: “Siamo società sportive e non presidi ospedalieri, ci si chiede di rispettare un protocollo che almeno in Serie B è inattuabile. Tra sanificazioni da fare prima e dopo gli allenamenti, ritiri permanenti, mascherine e tamponi per uno staff di 70 persone che va dai dirigenti fino ai raccattapalle diventa difficile sostenere la spesa. Servirebbe un contributo di almeno 400mila euro a club che la Figc non vuole però concedere. Oltre al danno quindi anche la beffa, senza contare poi che al momento della partita, in uno sport di squadra come il nostro in cui gli atleti duellano a stretto contatto tra sangue e sudore, tutti i discorsi sul protocollo verrebbe meno”.

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E se le altre federazioni più importanti, pallavolo in primis, hanno deciso per la fine anticipata della stagione, dal calcio ci si aspetta comunque una ripartenza ma al tempo stesso è bersagliato dalle critiche e non riceve dallo Stato lo stesso sostegno di altri settori industriali: “Il calcio è la terza industria del Paese e non può essere trattato come gli altri sport, ma se davvero ci costringono a ripartire dobbiamo essere messi nelle giuste condizioni, con dei contributi economici. E invece i presidenti del calcio sono visti come i 'ricchi scemi' che hanno tanti soldi da buttare, mentre per il 70% è fatto di società che vanno avanti grazie a programmazioni e gestioni oculate”.

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Ma al di là delle critiche sterne, uno dei problemi principali è la mancanza di una visione di sistema: “È ovvio che nella nostra posizione di metà classifica possiamo fare certi ragionamenti e dire che la cosa più sensata è chiudere la stagione così, ma capisco anche che chi lotta per la A o per non retrocedere faccia altri tipi di discorsi. Dalla A alla Serie D il vero problema è l'assegnazione dei titoli, delle promozioni e delle retrocessioni ed è in nome di questo che vogliono mandarci al macello. Se proprio dobbiamo essere costretti a ripartire però, lo ripeto, non possiamo rimetterci: servono almeno 400mila euro dalla Figc che dovrebbe garantire anche un'assicurazione, visto che poi la responsabilità penale di un eventuale contagio ricadrebbe su di noi”.

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Poca intesa sembra esserci poi anche con il sindacato dei calciatori, l'Aic del presidente Damiano Tommasi: “È sbagliato mettere contro presidenti e calciatori, che devono invece stare uniti nella buona e nella cattiva sorte come marito e moglie. Io da presidente non vorrei mai essere responsabile della positività di uno dei miei ragazzi, ma tanti calciatori in Italia sono pronti a rischiare per non perdere lo stipendio anche se magari le loro mogli hanno paura. Questo è un discorso sbagliato, perché in una situazione come quella che stiamo vivendo riuscire a prendere 10 mensilità su 12 sarebbe già un grande risultato. Alla fine un calciatore anche di B che fattura 800-900mila lordi è in pratica un imprenditore e come gli altri imprenditori in un emergenza grave come quella attuale deve accettare di perdere qualcosa. Anche io sto perdendo molti soldi con la mia azienda, ma più che ai soldi persi penso a come riguadagnarli”.

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Ecco così che il Perugia ha pronta la proposta da fare alla squadra: “Gli ingaggi sono la spesa maggiore per un club e senza entrate non possiamo rimetterci, perché bisogna garantire la continuità aziendale. Una decisione va presa entro 7-8 giorni: se non si riprende non possiamo pagare i mesi di inattività, in caso contrario pagheremo due mensilità delle ultime quattro stagionali. Ho dato mandato a Goretti di analizzare la situazione finanziaria e poi faremo la nostra proposta alla squadra, che sono certo capirà la situazione perché è fatta di persone intelligenti e di bravi ragazzi”. Santopadre propone comunque una soluzione per chiudere questa stagione: “La mia proposta è stoppare il campionato, senza entrate né uscite. Dal primo luglio tutti in ritiro, dal primo agosto si giocano le partite rimanenti, poi 15 giorni di vacanza e via alla nuova stagione da chiudere entro il 30 giugno 2021. Perché non viene presa in considerazione? Perché i contratti hanno scadenza il 30 giugno 2020”.

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Un pensiero il presidente lo dedica poi ai tifosi del Grifo, in queste settimane scesi in prima linea a sostegno di chi ne aveva bisogno: “Su di loro non avevo dubbi e sono stati straordinari, con raccolta di fondi e viveri per chi ne aveva bisogno. Spesso si parla in maniera sbagliata degli ultras e dei tifosi in generale: quando si fanno le cose con il cuore a volte si sbaglia per il troppo amore, ma quando c'è bisogno loro sono sempre presenti”. E a loro il presidente si sente di fare una promessa: “Nessuno scoramento, sono più iincazzato' di prima. Se in azienda ho 300 persone a lottare conme qui a Perugia ne ho 300mila al mio fianco, la Frankie Garage e il Grifo riusciranno a vincere insieme questa battaglia”. E in caso di ripartenza... “Sono fiducioso perché abbiamo un bravo allenatore e bravi giocatori: sono una squadra forte anche se ne sono ricordati tardi, speriamo che non se lo dimentichino più”.


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